in un avvicinamento all’oggetto che tende ad abolire la distanza, quasi a confondersi con esso per conoscerne la struttura intima. Non si tratta più soltanto di “imparare a vedere” le cose nel loro essere intessute nella trama della natura, ma di sentirsi parte di questa stessa trama. È ciò che accade in
Pittura per ciechi, serie di guazzi realizzati su fogli di vecchi manuali di storia naturale per ciechi in scrittura braille, o in opere come
Bianco/Nero e Bianco/Rosso, dove l’accorciamento della distanza tra l’occhio e oggetto della rappresentazione produce effetti di distorsione, di sovrapposizione degli elementi figurali che compaiono sui singoli fogli scomponendone l’ordine: ognuno di essi si dà pertanto come un frammento di qualcosa di cui è andata perduta la visione d’insieme.